PERUGIA – Il sipario che cala sull´Emirates Endurance Village di Al Wathba e sul Campionato mondiale young riders porta con sé un risultato inequivocabile e fino a un certo punto sorprendente. L´ascesa del Sudamerica è tangibile, come dimostrano la vittoria del titolo individuale e di quello a squadre dell´Uruguay e i cinque binomi nei primi dieci.A cercare di ostacolare il dominio sudamericano a livello giovanile Australia e Francia, rispettivamente seconda e terza a squadre. Mondiale con pochissime luci, invece, per l´Italia: all´arrivo soltanto Carolina Asli Tavassoli con Fiwa di Pegaso (nella foto), che hanno fatto di tutto e vissuto una gara di grande sacrificio pur evitare il “cappotto”. Resta il fatto che i 120 chilometri portati a termine dal binomio dell´Audi Endurance Team non riescono da soli a mitigare un bilancio della Nazionale italiana troppo fallimentare per essere vero; in sede di considerazioni finali, la Federazione non potrà esimersi da una riflessione globale serissima, confrontandosi senza esitazioni sulle reali prospettive da garantire all´intero movimento. Impossibile da ignorare, da questo punto di vista, la programmazione “last minute” con cui si è provveduto a preparare un appuntamento come questo di Abu Dhabi.Giova infatti ricordare come l´endurance sia una disciplina dove è impossibile improvvisare e dove non c´è risultato che non sia figlio di una vera programmazione di medio-lungo periodo. I grandi traguardi centrati dal 1998 al 2006 dalla Nazionale stridono in maniera troppo clamorosa con tutto ciò che sta avvenendo da cinque anni a questa parte, un periodo in cui si è marcata in maniera clamorosa la differenza di passo fra un nutrito gruppo di team e la Federazione italiana sport equestri. Il fatto è che anche nell´endurance contano i fatti e il lavoro che si mette alla base di un´attività. La considerazione con cui riconoscere l´impegno e gli sforzi delle singole scuderie non è certo quella che si è vista di recente: nei team operano tecnici e dirigenti che oltre a garantire cavalli e cavalieri alla causa azzurra hanno un bagaglio vero di esperienze e professionalità che non può essere ignorato da una programmazione federale che non c´è. Se l´endurance italiano viaggia ancora a due velocità (privati da una parte e Federazione dall´altra) non c´è insomma da sorprendersi che venga sorpassato anche nella corsia d´emergenza.