DUBAI (EMIRATI ARABI UNITI) – Bello come ieri è l’oggi di Diana Origgi, l’amazzone azzurra che ha centrato nel deserto di Seih Assalem un risultato memorabile, di quelli fatti apposta per essere raccontati. Diana e la sua travolgente Jasmineh sono il quinto binomio del mondo, ma soprattutto campionesse del mondo insieme agli altri componenti della nazionale italiana.
“Sarà impossibile dimenticare quello che ho provato ieri – commenta Diana al telefono da Dubai – anche se appena ci ripenso continuo ad avere la sensazione di essere stata protagonista di un sogno. E’ stata una gara bellissima per come si è sviluppata ed estremamente dura sia per la qualità degli avversari che avevamo di fronte che per le difficoltà da superare in un ambiente al quale sia noi che soprattutto i nostri cavalli non siamo abituati”.
A proposito di cavalli, chiedere qualcosa su Jasmineh a Diana diventa addirittura “rischioso”: ha lo stesso effetto di un fiammifero sulla benzina. Diana si accende, si trasforma in un fiume in piena, travolgente di entusiasmo, passione e legittime speranze. “Fatico a trovare l’aggettivo giusto per definirla – confessa Diana – anche perché la vedo come un cavallina che ha sfidato degli autentici mostri. Alla vigilia speravo che avesse fatto una buona gara, confermando quanto di buono aveva fatto finora sia ai mondiali young riders che a La Baule, ma da qui a vederla confrontarsi alla pari con i migliori cavalli del mondo ce ne passa. Direi proprio che è stata fantastica e mi piacerebbe davvero continuare a correre con lei”. Precisazione doverosa, quest’ultima, non fosse altro perché su Jasmineh si sono già fissati gli occhi di compratori molto importanti.
Le emozioni di Diana, però, non si limitano al racconto della gara e del quinto posto con la sua Jasmineh. Queste sono sensazioni che conserverà per sempre nel cuore. Alla storia sportiva d’Italia e dell’endurance azzurro passerà una medaglia d’oro che definire storica non è azzardato. “Sono strafelice e ultraorgogliosa – dice la Origgi – di questo primo posto che abbiamo conquistato nella gara a squadre. Lo considero il premio meritato per un gruppo che ha saputo dare grande prova di maturità, dimostrando di sapersi ritrovare e unire per un unico obiettivo. In Italia siamo avversari, come è giusto che sia, ma siamo anche gente matura e responsabile, che sotto le insegne della nazionale italiana ha pensato solo a realizzare il piano tattico messo a punto alla vigilia. Il capolavoro vero e proprio l’abbiamo realizzato durante i giorni della vigilia, quando tutti insieme abbiamo lavorato per formare nel minor tempo possibile un gruppo affiatato. E non è un caso che in gara, per quanto mai a stretto contatto, ci siamo continuati a dare una mano fino all’ultimo metro”.
L’ultimo pensiero, ripensando a ciò che è stato, è più che altro un auspicio: “Spero proprio che la collaborazione che abbiamo saputo dimostrare in questo mondiale riesca a trasferirsi su tutto il nostro movimento. La nostra speranza è quella di continuare ad aiutarlo come abbiamo fatto qui a Dubai”.
Le vittorie, insomma, sono importanti ma ancor più lo è il modo in cui vengono conquistate.