EMOZIONI A SAN SIRO PER GIANLUCA

Gianluca e Miranuss in piena accelerazione subito dopo la partenzaPERUGIA – Fresco vincitore del festival di San Remo, Roberto Vecchioni non se ne avrà a male se uno dei suoi successi più conosciuti diventerà il filo conduttore di questo “Emozioni a San Siro”, di una storia vissuta all’insegna dell’adrenalina pura all’interno di uno dei templi riconosciuti e accettati delle corse di cavalli a livello italiano ed europeo. E sì, perché è proprio a San Siro che Gianluca Laliscia, campione mondiale di endurance, specialista delle grandi distanze e ambasciatore all’estero di una disciplina tanto affascinante quanto in grande espansione, ha vissuto un’esperienza unica, che merita di essere raccontata per come l’ha portato, quasi rapito, a esordire nel trotto. L’occasione ha preso forma grazie all’Unire e alla “Corsa delle stelle”, la gara a scopo benefico che l’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine ha organizzato con l’obiettivo di promuovere l’ippica e raccogliere fondi da destinare all’Associazione italiana per la ricerca contro il cancro: dodici personaggi del mondo dello sport, del giornalismo e della televisione si sono cimentati sul sediolo del sulky per una gara sui 1.600 metri, i premi in palio e le scommesse raccolte sono andati all’Airc. Una vittoria per tutti, una grande scoperta per Gianluca Laliscia, a cui il terzo posto ha regalato una gioia addirittura più grande delle molte soddisfazioni collezionate in giro per il mondo. “La mia fedeltà all’endurance è fuori dubbio, questo è chiaro – confessa il capitano dell’Audi Endurance Team – ma se dovesse ripresentarsi l’occasione di un’altra gara nel trotto non esiterò ad accettare. E’ un mondo esaltante, è stata un’esperienza fantastica che ha sviluppato ulteriormente, se mai fosse possibile, l’amore speciale e il grande rapporto che ho con il cavallo. Grazie a Miranuss, il castrone di cinque anni con cui ho condiviso il mio esordio alla ‘Corsa delle stelle’, ho fatto davvero un pieno di adrenalina e di emozioni fortissime. Abituato a gare su distanze che vanno fino ai 160 chilometri (Gianluca ha gareggiato a San Siro di rientro da Abu Dhabi, dove era stato invitato alla President Cup 2011 – ndr.) ho dovuto vivere tutto in due minuti. Un condensato di emozioni tremendo, sorprendente, e proprio per questo esaltante. Per avermi consentito di fare questa bellissima scoperta, non posso che ringraziare il deus ex machina dell’evento Alberto Foà, l’allenatore di Miranuss, Alessandro Goccciadoro, e Sergio Carfagna, amico e apprezzato allevatore di Assisi che nei giorni precedenti la gara di San Siro mi ha ospitato nelle sue strutture per darmi i primi rudimenti del trotto”.
E’ passata qualche settimana dalla gara milanese, ma Gianluca ha ancora tutto dentro: ogni attimo, ogni metro di quei 1.600 vissuti a tutta velocità sulla pista di San Siro, gli è rimasto nel cuore e nella testa. Potrebbe raccontarli senza problema secondo per secondo, perché tante sono state le scoperte che ha fatto, le esperienze che lo hanno arricchito. “A cominciare – rivela – dalla partenza, dalla curiosità e dalla tensione di allinearsi in mezzo agli altri alle spalle della macchina in movimento. Il fatto sorprendente è che non hai quasi il tempo di capire cosa ti accade intorno, tanto sei concentrato nel valutare le distanze, progettare la tua gara tenendo conto dell’ingombro del sulky e dei movimenti degli avversari. Il tutto, sia chiaro, con i cavalli lanciati a tutta velocità. Ed è proprio per questo che un’esperienza così mi ha arricchito in maniera inaspettata. Pensavo a qualcosa del genere quando l’amico Antonio Terraneo Terraneo (giornalista specializzato, anche lui protagonista della gara – ndr.) mi disse di aver fatto il mio nome agli organizzatori, ma nella realtà è stato tutto ancor più elettrizzante. Un particolare su tutti che mi ha esaltato è la differenza, per certi versi abissale, nell’interpretare il rapporto con il cavallo. Nell’endurance, dove si monta in sella e si utilizzano redini corte, l’uso delle mani è per certi versi secondario: il cavallo lo senti con il tuo corpo, lo guidi e ne assecondi l’andatura più che altro con le gambe. Qui è tutto diverso: il cavallo è lontano, tu stai sul sulky a gambe distese e hai solo l’estremità delle guide per parlare con lui, per cercare di capire costa sta provando e dargli indicazioni su come interpretare la gara. Lo guidi con le mani, ma devi fare la massima attenzione perché in realtà sei nelle sue mani, nella sua capacità di avere con te un rapporto speciale, complice, di squadra. E le emozioni che il cavallo, un animale che anche in questo sport conferma tutta la propria armonia, la speciale e impareggiabile bellezza, è in grado di donarti”.

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