Cantare le lodi dell´endurance italiano, otto mesi fa in occasione della conquista della medaglia d´oro a squadre ai Mondiali, è stato l´esercizio più esaltante che ogni abitante del nostro villaggio globale ha potuto fare. Più il tempo passa e più quella medaglia d´oro assume un valore fine a se stesso: un risultato di quel genere, frutto di un lavoro certosino che i singoli team e cavalieri hanno avuto la forza di fare, continua a essere svilito – quasi offeso – da tutta una serie di accadimenti che vedono protagonisti i dirigenti e le strutture federali delegate. Credere a chi si riempie la bocca di paroloni per sottolineare che lendurance è in cima ai pensieri della Fise comincia a essere da sciocchi. La realtà è ben diversa. Le discipline non vengono considerate con la stessa dignità dalle strutture e dai dirigenti federali, Lo dicono i fatti. Dopo la collezione di figuracce tecniche e organizzative degli Europei a Compiègne, è andato in scena l´appuntamento di Gubbio che altro non ha fatto se non continuare a confinare l´endurance nel sottoscala dal quale fino a poco tempo fa stava cercando di uscire. Il sospetto che sorge è quello che a qualcuno vada bene proprio questo genere di situazioni. A Gubbio non c´era alcun dirigente della Federazione italiana sport equestri, il che va ad aggiungersi alla per lo meno strana circostanza di un presidente di giuria e un delegato tecnico entrambi stranieri, senza che nessuno si sia premurato di tenere informati cavalieri e tecnici delle assistenze di cosa stesse accadendo e di quali decisioni si stessero prendendo. E impossibile che a una manifestazione che prevede gare internazionali e di Coppa Italia non sia presente alcun componente della Commissione endurance con effettivo potere decisionale. Viene da chiedersi quali criteri siano stati seguiti per individuarne i membri, visto che il legame che tiene uniti questi signori al nostro movimento è impalpabile. Sorge infatti il sospetto che la composizione della Commissione risponda a criteri ed equilibri politico-federali che mal si sposano con le effettive esigenze dellendurance. Il tracollo con cui un movimento così ricco è costretto a confrontarsi è insomma fisiologico, frutto di una semina troppo colpevole per essere sottaciuta. Non a caso, in assenza di linee guida e punti di riferimento, succede ciò che è successo ieri a Gubbio.Su Gubbio pioveva ininterrottamente dalle 20 della sera precedente alla gara, il cancello veterinario era già ridotto male al momento della partenza, le previsioni meteo (con tanto di stazione mobile della Protezione civile della Provincia di Perugia presente) segnalavano maltempo fino al primo pomeriggio: nonostante tutto ciò, la manifestazione è stata sospesa dopo 10 ore di corsa. Il tutto, senza spiegazioni ufficiali e interlocutori certi: come se la pioggia avesse portato via anche gli uomini, anche chi – se la “nave” fosse affondata – avrebbe dovuto abbandonarla per ultimo. Il cancello veterinario era una palude già al mattino: perché si è partiti? Esistevano forse le condizioni di sicurezza, la cui venuta meno ha invece determinato lo stop del pomeriggio? Le sensazioni più tristi che i cavalieri hanno provato sono state quelle di dover fare i conti non soltanto con l´inclemenza di Giove Pluvio, ma anche con piaghe inestirpabili come l´ignoranza e la presunzione. Gubbio è uno dei tanti episodi di una lunga serie di “perle” collezionate da chi, invece di affossarlo, dovrebbe pensare a valorizzare il nostro movimento. Ciò che sta accadendo ha del paradossale: nel momento in cui arrivano le vittorie e l´endurance comincia a generare valori importanti anche sul piano quantitativo, ecco che si susseguono passi falsi uno dietro l´altro, senza che alcun rappresentante della Fise abbia voglia, disponibilità e, forse, capacità di prendere in mano la situazione. Niente, comunque, dà l´impressione di accadere per caso, visto per esempio che si continua a credere in una manifestazione come la Coppa delle Nazioni (cinque prove di cui, alla fine dei conti, quattro annullate) in cui si sono presentate al via la miseria di due sole squadre nazionali. Quanto a questioni tecniche, gli unici risultati omologati pare che siano quelli conseguiti dai binomi che hanno preso parte alla gara sui 90 chilometri, mentre resta ancora tutto da chiarire il destino di quelli giunti all´arrivo nella 120: secondo le norme Fei, in questo caso, il cavallo conseguirebbe la qualifica, ma non il cavaliere. Qualsiasi verbo, però, può essere coniugato solo al condizionale. Di certezze, quelle che l´endurance italiano comincia a essere stufo di attendere, neanche l´ombra.