L’UEET SU CAVALLI E NATURA E TUTTOARABI

Questo il testo dell’intervista rilasciata da Gianluca Laliscia al giornalista Mauro Beta
L’Umbria Endurance Equestrian Team, la UEET tout court, ha già festeggiato il suo primo lustro di vita ed il bilancio che può tirare da questi anni pieni di successi organizzativi e sportivi è veramente importante per l’endurance nostrano e per l’immagine della nostra Federazione nel mondo.
Oggi l’UEET è da noi sicuramente il punto di riferimento di questa disciplina sotto tutti i punti di vista, compresi gli stretti rapporti che mantiene con i responsabili degli altri paesi e con gli Emirati Arabi, del Dubai in particolare, dei quali sono diventati i veri mentori.
Quest’anno la nostra Federazione ha affidato allo staff di primo ordine dell’UEET la messa in onda del Campionato Italiano e non solo per la relazione tra cavallo ed ambiente che l’Umbria può naturalmente offrire, ma per la sua provata abilità; basti pensare, tra gli altri, ai successi ed ai consensi ricevuti per l’edizione del Campionato Europeo “open” del 2001 e per quello della Gatorade Endurance Cup dello scorso maggio, una classica del calendario dell’endurance mondiale. Lo staff tecnico ed organizzativo dell’Umbria Endurance Equestrian Team ruota tutto attorno a Giorgio Laliscia, che ne è il presidente, a suo figlio Gianluca, che oltre ad esserne il direttore tecnico è anche un buon cavaliere (lo scorso settembre era convocato per l’europeo di Punchestown) e un gran conoscitore del mondo dell’endurance nostrano ed internazionale, e a Giovanni Di Battista, insostituibile nel ruolo di direttore sportivo.
Quella che affrontiamo con Gianluca Laliscia è un’escursione globale nel mondo dell’endurance, in vista del nuovo anno che ha in calendario anche il Campionato del Mondo.
La scorsa stagione, se escludiamo la pur importante debacle dell’Europeo irlandese dei nostri senior ma riscattata dal mondiale dei Young Riders, oro individuale e di squadra, è stata una buona stagione per il nostro fondo? Cosa è mancato eventualmente?
Ciò che manca alla nostra disciplina è la programmazione a medio e lungo termine e l’impegno da parte della Federazione nella gestione dei cavalli di interesse nazionale. Una soluzione potrebbe essere quella di creare annualmente un gruppo di cavalli di interesse nazionale sui quali lo staff tecnico federale, in accordo con i proprietari e gli allenatori, stila un programma in modo tale da arrivare bene a certi appuntamenti piuttosto che seguire i cavalli solo negli ultimi cinque giorni prima di una gara e in qualche sporadico raduno collegiale.
Il trofeo Fise-Unire di Punta Ala cosa ci ha rivelato? Questi benedetti cavalli che dovranno ridare lustro al nostro fondo ci sono o no?
Il Trofeo Unire, al quale quest’anno sono stati intelligentemente ammessi anche i cavalli di sette anni, si è rivelato anche in questa occasione un ottimo banco di prova e una grande kermesse per ciò che riguarda l’allevamento italiano. Sulle prospettive che attendono i cavalli visti a Punta Ala forse è prematuro esprimersi, ma ci sono soggetti che, se continuati a gestire senza farsi prendere troppo dalla fretta di risultati, potrebbero garantire all’Italia dell’endurance un futuro interessante. I cavalli, vista anche un’adesione che ha sfiorato le cento unità, ci sono. C’è quella quantità di buon livello sulla quale andare a lavorare con l’obiettivo di fare anche della qualità
Tu che gestisci la scuderia meglio fornita, l’Umbria Endurance Equestrian Team, cosa consigli ai nostri appassionati fondisti?
Il consiglio principale è quello di credere con forza nell’allevamento italiano, da cui non si prescinde. A ruota, soprattutto per i neofiti, c’è quello di non farsi prendere dall’euforia di avere risultati per forza nelle categorie a breve chilometraggio, mi riferisco soprattutto alle 60 chilometri, in modo tale da vedere il cavallo da endurance nell’ottica di una partecipazione a competizioni da 90 chilometri in su. Altrimenti va a finire che per avere fretta ci si ritrova senza cavalli per fare dell’endurance vero, cioè quello sui 120 o sui 160 chilometri. Sempre in fatto di consigli, qualora ve ne fossero le possibilità, non voglio dimenticare quello di portare avanti più di un cavallo perché in questi anni abbiamo assistito alla prepotente ascesa di cavalieri che poi sono scomparsi una volta che il cavallo aveva intrapreso la sua parabola discendente
Quali sono i vostri programmi per il 2004?
Intanto puntiamo ancora sulla Coppa Italia, che quest’anno abbiamo dominato al di là del primo posto conquistato dal nostro Marco Ficara. E poi stiamo portando avanti il programma di inserimento ad un certo livello di giovani cavalli per garantirci quel turn over necessario per restare nei piani alti delle classifiche. Di pari passo, portiamo avanti anche un programma extra agonistico, legato soprattutto alla comunicazione e alla presenza sui mezzi d’informazione in modo tale da garantire all’endurance e a noi stessi una maggiore visibilità. Di questo progetto fa parte il sito www.enduranceitalia.com, che ci sta dando soddisfazioni continue sul piano dei contatti e delle pagine consultate. C’è di tutto: dalle notizie sull’attività del team, alle ‘carte d’identità’ di tutti i cavalli e dei cavalieri della squadra.
Ti garba il calendario? Quali sono, se ci sono, i problemi? Quali, se ci sono, le mosse azzeccate?
E’ un calendario fatto abbastanza bene, non fosse altro perché parliamo di un programma spalmato con saggezza sull’intero territorio nazionale. In questo modo, tutti i cavalieri possono maturare esperienze importanti senza doversi svenare sul piano economico per sobbarcarsi trasferte onerose.
A che punto è l’organizzazione del campionato italiano del 24 aprile a Castiglione del Lago?
L’organizzazione è a buon punto, anche in considerazione della possibilità di poter disporre di una location collaudatissima come si è rivelata nel corso degli anni Castiglione del Lago. Abbiamo voluto fortissimamente questa manifestazione perché dopo i contrattempi dell’anno scorso e la mancata assegnazione dei titoli ci sentivamo di dare un contributo importante e tangibile al rilancio dell’endurance su scala nazionale. Stiamo facendo di tutto per riuscirci, cercando di confermarci ai livelli organizzativi ai quali ci siamo espressi negli anni scorsi proponendo gare internazionali per quattro stagioni di fila. I percorsi sono ben collaudati e ricalcheranno in larga parte quelli proposti nella Gatorade Endurance Cup dell’anno scorso e dell’Europeo Open di due anni fa.
Chi vedi sulla cresta dell’onda, cavalli e cavalieri, la prossima stagione?
In Italia ci sono ottimi cavalli per le gare sui 120 chilometri, ma quel ricambio generazionale capace di garantirci continuità ad altissimo livello nelle 160 non si è ancora realizzato. Piuttosto che fare dei nomi, mi piace sottolineare l’interessante crescita di team, che si stanno strutturando in maniera importante. Il far parte di un gruppo ed essere seguito da un tecnico, un veterinario e uno staff, mette in condizione un cavaliere di avere una pianificazione vincente e, a differenza di tante ‘schegge impazzite’ riesce a regalarsi soddisfazioni importanti.
E’ un’impressione o l’ardore degli Emirati Arabi si è un po’ spento?
Non direi. Piuttosto parlerei di un salto di qualità anche da parte loro, di uno scatto in avanti importante sul piano dell’individuazione di cavalli sui quali lavorare in prospettiva. Dopo un impatto iniziale dirompente, con acquisti dei migliori soggetti in circolazione già pronti per vincere, il cambio di strategia li sta proponendo come grande organizzazione che si impegna con decisione su cavalli da costruire. Più che produrre quello che a prima vista potrebbe essere definito ‘spegnimento’, il cambio di management ha generato una presenza meno invasiva ma non per questo meno ambiziosa e professionalmente di alto livello. La dimostrazione è nella decisione con cui Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum ha voluto per gennaio 2005 un grande campionato del mondo a Dubai. L’ardore, quindi, si è tutt’altro che spento.
I tuoi programmi?
Ho ripreso a montare a tempo pieno, oltre che seguire in prima persona i programmi di allenamento stilati in collaborazione con il resto dello staff tecnico. Con Giovanni Di Battista e Paolo Ponzo, sui due gruppi di cavalli che abbiamo a Perugia e Tornimparte, abbiamo posto premesse importanti per fare davvero delle belle cose. Quanto all’aspetto agonistico vero e proprio, ho programmato un 2005 ricco di gare, alcune delle quali anche all’estero in modo da non perdere di vista il confronto con realtà diverse e culturalmente evolute.

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