COMPIEGNE (FRANCIA) – Archiviare esperienze e guardare avanti è d´obbligo per chiunque, non prima però di aver tratto insegnamento da ciò che – nel bene e nel male – è accaduto. Proprio questo, già da questa mattina, stanno facendo gli uomini dell´UEET dopo la trasferta non proprio esaltante di Compiègne. Due binomi all´arrivo sia nella 160 e uno nella 119, e in posizioni tutt´altro che di rilievo, sono dei dati di fatto sui quali cercare di costruire programmi finalizzati alla crescita e all´approdo a quei livelli di competitività internazionale che purtroppo non sono stati apprezzati in occasione della trasferta francese. Dalle due gare che si sono corse a Compiègne, con l´anteprima appena sufficiente dei World Equestrian Games, rappresentano comunque un campanello d´allarme che tutto il movimento italiano non può esimersi dall´ascoltare. Fare finta di niente vorrebbe dire imboccare una china impossibile da risalire. In terra francese erano saliti 28 binomi, 11 sulla 160 e 17 sui 119 chilometri del Mondiale giovani cavalli; all´arrivo sono giunti rispettivamente 4 e 5 con il solo Enrico Ercoli su Aiska Mia meritevole dei migliori complimenti per l´interpretazione della gara di ieri. Sul resto potrebbe essere il caso di stendere un velo pietoso, non prima di aver analizzato a fondo le ragioni di una sconfitta più che evidente, tanto più per chi era salito a Compiègne con programmi ambiziosi. La verità è che il divario da colmare per l´endurance italiano nei confronti del movimento europeo e mondiale è grande. Esistono ragioni strutturali come la “popolazione” equina sulla quale si basano scelte e programmi, ma anche cause di ordine tecnico-culturale sulle quali sarà obbligatorio intervenire prima che sia troppo tardi. Per il bene di tutti noi.